Le mani libere
18 aprile 1980: 35 anni fa si “trasferisce” in Cielo il nostro Igino Giordani.
Lo ricordiamo attraverso le parole di due suoi compagni di “viaggio”: Antonio Petrilli, architetto, affermato professionista, tra i primi di Roma che hanno seguito Chiara Lubich in focolare e Mons. Klaus Hemmerle, Vescovo di Aquisgrana, anche lui appassionato seguace della spiritualità dell’unità.
Antonio Petrilli: l’unico amore
Igino Giordani, spiegando come era nato il suo nuovo nome, Foco, citava un “detto” del Signore: «Chi sta vicino a me, sta vicino al fuoco». Di fatto, quanti lo hanno conosciuto hanno sperimentato la realtà che la sua presenza creava: chi stava vicino a lui si sentiva più vicino a Cristo.
Il primo maggio 1974 si era spenta serenamente la sua sposa, Mya, che egli ha continuato a ricordare con gratitudine come l’amata compagna della sua vita, che aveva condiviso con lui le ore più tristi – le difficoltà e i pesi dell’isolamento, della persecuzione politica – e quelle serene, trascorse nella gioia degli affetti familiari. Dopo averla assistita fino alla fine, confortandola nella sofferenza col suo amore e con la sua fede, d’accordo con i propri familiari decise di trasferirsi a Rocca di Papa e venne ad abitare al Centro Mariapoli. Si realizzò così, negli ultimi anni, una delle sue aspirazioni più grandi: vivere da consacrato a Dio, nel focolare. Cos’è stato questo tempo, per lui?
Un’esperienza di pace mai provata, così ci diceva, quasi una percezione nuova dell’eterno che gli si rifletteva nell’anima. Questa esperienza però non lo chiuse in una meditazione solitaria, ma lo aprì a una vita più intensa, a un’attività così dinamica di rapporti. Predicava con la vita quella “Divina avventura” che aveva scritto e trascinava con sé, a Dio, una schiera di persone d’ogni età.
Al Centro Mariapoli. si perdeva fra la gente, come uno qualunque. Negli intervalli delle riunioni, le panchine del parco dove lui sedeva a riposare diventavano cattedre. E’ ancora vivo in noi il ricordo di quei gruppi che si affollavano attorno a lui sui prati: erano focolarini, volontari, gen, coniugati e sacerdoti, religiosi e suore, che gli ponevano domande e chiedevano consigli.
Sapeva amare tutti in modo eguale, perché amava in tutti Gesù. Lasciava sulla scrivania una lettera appena scritta a un’illustre personalità e, con lo stesso impegno, lo vedevamo trattenersi, anche per ore, con una parrocchiana che, venendo a un incontro per la prima volta, lo aveva fermato per chiedergli spiegazioni sulla spiritualità.
Uno in mezzo agli altri, un membro qualunque di questo Movimento, un semplice – lui diceva «l’ultimo» – discepolo di Chiara Lubich. Così lo ricordiamo e lo ricorderemo sempre: come “primo” discepolo di quell’ideale a cui tutto ha dato e nel quale ha saputo perdersi, fino a diventarne una bandiera per le generazioni presenti e per quelle che verranno.
Klaus Hemmerle: il paradiso negli occhi di un politico
Se qualcuno mi chiedesse cos’è la verginità, credo che dovrei parlare di Giordani, di uno sposato. Di come egli comprese e venerò la verginità, la donazione a Dio solo, la vita in Dio solo.
Se uno mi chiedesse di mostrargli il paradiso, credo che gli dovrei dire: «L’ho visto negli occhi e nel cuore di Giordani». Sì, negli occhi e nel cuore di un politico. Viveva in cielo e così aveva le mani libere per la terra. La sua espressione: «Il Padre in cielo e il pane per gli uomini» è il motto di una politica «integrale» – l’uomo ha bisogno delle altezze per potersi occupare del contingente -; però è anche il motto di un cielo «integrale» che comprende l’uomo, tutta la sua vita.
Indimenticabile il mio ultimo incontro con Foco, un paio di settimane prima della sua morte. Mi disse: «Qui è già cielo». Una immensa gioia e una pace che conquistava, trasparivano dal suo volto sofferente.
Se qualcuno mi chiedesse cosa sia la gioventù, gli dovrei parlare del vecchio ottantaseienne Giordani. La pazienza dei millenni, le dolorose esperienze della nostra tormentata epoca, tutto ciò viveva in lui; però anche una speranza, una semplicità, un andare avanti senza esitazioni, senza timore.
E mai lo dimenticherò mentre, in mezzo a venti o trenta vescovi da tutto il mondo, con la ricchezza della sua saggezza e giovanilità, incoraggiava questi pastori ad affrontare il futuro della Chiesa, in unità col Papa e tra di loro.
(tratto da: «Città Nuova», n.9-10 maggio 1980)