L’impegno civile e politico

La vita di Igino è costellata di momenti straordinari e di esperienze coerenti e coraggiose. Il ritratto che emerge dal mosaico delle sue scelte e delle sue iniziative mostra un eroismo al servizio dell’umanità, guidato dall’amore a Dio e sorretto dalla fedeltà alla Chiesa. Eccone alcuni elementi.

È il 1925 e Igino Giordani è direttore di Parte Guelfa, un periodico molto critico del regime fascista e difensore delle ragioni dei cattolici. La Santa Sede, però, sta preparando i Patti Lateranensi, cioè l’accordo con lo Stato italiano, e la voce di Giordani gli risulta scomoda, perché innervosisce il regime. Da L’Osservatore Romano arriva una presa di distanza da Parte Guelfa e dai suoi autori, e Igino chiude immediatamente quella rivista, in obbedienza alla Chiesa, senza remore.
È il 1933 e un alto prelato contesta a Igino il modo di condurre la rivista Fides, una rivista pontificia che per la prima volta era diretta da un laico. Intuendo che ancora non è maturo il tempo per una piena fiducia all’opera dei laici nella Chiesa, Igino presenta le dimissioni. Gli viene riassegnato l’incarico e ridata la piena fiducia che non era mai mancata, in considerazione del fatto che l’episodio di contestazione fu un’iniziativa isolata.
È il 1944 e, in una Roma liberata dal fascismo, si aggirano per le strade squadre di partigiani che prelevano dalle case i vecchi gerarchi fascisti per giustiziarli sul posto. Arrivano al caseggiato di Igino, dove abita un anziano fascista che i partigiani vogliono fucilare. Nel trambusto della situazione, qualcuno chiede aiuto proprio a lui e Igino, con calma, si reca dal comandante della pattuglia partigiana, parlotta con lui e lo convince a rinunciare all’esecuzione sommaria. Gli infila uno dei suoi libri sottobraccio, dopo avergli firmato una dedica personalizzata, lo saluta e tutto si risolve pacificamente.
È il 1948 e vogliono candidare Igino alla Camera dei Deputati. È un accorrere di tanti verso le migliori poltrone, dopo che il regime è finito, ma non Igino. Chiede al suo amico, mons. Giovambattista Montini, cosa ne pensa, e da Montini gli arriva il parere favorevole. La sua azione rimane sempre profondamente ecclesiale.
«Può un uomo politico esser santo? Può un santo esser uomo politico? Prova in te la soluzione del quesito ora che diventi uomo politico».
È il 1949 e in aula infuocata, dove la contrapposizione fra le parti politiche ha dei toni di violenza verbale e fisica, si discute dell’adesione dell’Italia al Patto Atlantico. Prende la parola Igino Giordani, al suo fianco si mette seduto Tarcisio Pacati, un altro onorevole che aveva aderito al Movimento dei Focolari e, sottovoce, dà un segnale di unità all’amico Igino dichiarandogli: «teniamo Gesù in mezzo», cioè traduciamo nell’esperienza del momento la promessa di Gesù contenuta nel vangelo di Matteo (18, 20), per cui dove due o più sono riuniti nel nome di Gesù, egli è lì, in mezzo a loro. E difatti piano piano il clima politico cambia. Igino intuisce che l’Europa può svolgere un’azione di pacificazione mondiale in un mondo segnato dall’opposizione ideologica fra est e ovest del mondo. Comprende che l’unica via per realizzare la giustizia sociale è di fondare un’economia basata sulla comunione dei beni. In tal modo si risolveranno le divergenze ideologiche che oppongono i socialisti ai liberali. Alla fine, un applauso generale raccoglie tutti attorno alle ragioni della pace.
È il 1950 quando Igino si mette a dialogare, dalle pagine dei giornali che dirigeva, con il direttore del giornale comunista l’Unità. Si scambiano esortazioni e commenti, domande e risposte, cercando di raggiungere traguardi comuni sulle medesime ragioni della pace e della vita buona e felice della povera gente. Tutto questo, in un clima politico nel quale i comunisti erano stati scomunicati dalla Chiesa. Giordani fu deplorato dal suo partito per la scelta profetica di cercare le ragioni di convergenza e riconciliazione con gli avversari politici.

Popolarismo e antifascismo

Dopo la Guerra c’è un Paese da ricostruire e don Luigi Sturzo è alla ricerca di giovani in gamba che possano aiutarlo a far crescere il Partito Popolare. Incontra Igino e lo impiega nell’ufficio stampa del partito. Igino comincia il suo lavoro di giornalista, firmando spesso articoli importanti di denuncia contro il sistema fascista che inizia a soffocare le libertà degli italiani.
Il fascismo incalza e costringe all’esilio tante personalità politiche. Anche Sturzo è costretto a trasferirsi a Londra. Il Partito Popolare lentamente si sta dissolvendo, nessuno più pare poterlo curare. L’ultimo a non abbandonare la nave è Igino Giordani, che continua a pubblicare il bollettino d’informazione politica del partito pure quando la polizia fascista vieta a tutti i periodici politici di diffondersi. Alla fine, siamo nel 1926, Igino si trova senza lavoro. Comincia a insegnare alla scuola pubblica, ma è costretto a dimettersi perché non essendo fascista non può coprire un ruolo pubblico.
«Trovai una supplenza al Liceo Mamiani di Roma ma alcuni alunni e colleghi presto si accorsero che io non partecipavo alla retorica ufficiale e alla liturgia del regime, facendomi capire che mi conveniva andarmene prima che fossi messo, in tal modo, alla porta».
Trova un impiego presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, ma prima si reca negli Stati Uniti d’America, dove studia la moderna scienza della Biblioteconomia. È negli USA che diventa terziario domenicano, attratto soprattutto dalla figura di santa Caterina da Siena, ed entra in contatto con il mondo protestante, sviluppando una notevole sensibilità ecumenica.
Al ritorno in Italia, ha tutte le carte in regola per vincere il posto da professore universitario in Letteratura cristiana antica, avendo negli anni precedenti pubblicato le traduzioni e i commenti di alcuni padri della Chiesa. Ma il Ministero blocca tutto. Igino non è fascista, punto e basta: non può aspirare a carriere importanti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, le parti si ribalteranno: Igino verrà consultato dal Ministero per un giudizio su un candidato all’insegnamento universitario dal passato fascista. Igino non si vendica, risponde secondo verità e giustizia, e la pratica va avanti.