Festa di tutti i Santi

All-Saints

La viviamo con alcuni pensieri di Igino Giordani.

«Non c’è che una tristezza – diceva Bloy – : quella di non esser santi». E dunque non c’è che una gioia: quella di santi­ficarsi. E che cosa è santificarsi? Unirsi a Dio col legame dei fratelli: bruciare d’amore.

(Igino Giordani, La divina avventura, Garzanti, Milano 1953, pp. 127-128).

Nessuno è esentato, nessuno è scusato di non farsi santo. La santificazione è l’impegno di ciascuno. Si può salire o non salire gli altari: ma si deve salire alla visione beatifica: per questo, e per tutti, Gesù ha gittato sangue.

(Igino Giordani, Le due città, Città Nuova, Roma 1961, p. 168).

 

Santo è Dio; e la sua legge proclama: «Siate santi, perché io sono santo» (I Pt. I:16). Egli è un Padre, il cui amore è sì grande che vuol fare i figli simili a sé. Vuol farli sé. Difatti i santi sono imitatori di Dio, avendo accolto l’impegno sbalorditivo di quel precetto di Gesù: «Siate perfetti come il Padre mio in cielo»; e quindi si perfezionano a rappresentanza di Dio stesso, sino a farne, in certo modo, le veci: come fiduciari, come copie e come messaggeri. Sono uomini e pure aderiscono a tal punto alla volontà di Dio da volere con Lui divinamente, partecipandone la divinità, fatti «ripieni di tutta la pienezza di Dio» (Ef. 3:19)

(Igino Giordani, Le due città, Città Nuova, Roma 1961, p. 168).

 

La santità è l’unione con Dio stesso: e nell’uomo, figlio di Dio, pur sotto carichi di pensieri di questo mondo, permane, come gemito lontano, la nostalgia della famiglia celeste.

(Igino Giordani, La rivoluzione cristiana, Città Nuova, Roma 1969, p. 200).

 

11 settembre 1947 – Incomprensioni, calunnie, disprezzo e scherni: ecco la materia prima onde cementiamo la santità, se li fondiamo nel fuoco della carità, con la sapienza dell’umiltà.

(Igino Giordani, Diario di fuoco, Città Nuova, Roma 1980, pp. 43).

 

2 novembre 1961 – Stamane in chiesa c’erano più fedeli del solito; e più comunioni. Per comunicare coi morti, dunque, le anime cercano Dio, la Vita. E reciprocamente, si valgono dei morti per comunicare con Dio. Riconoscono così che la morte non è un trauma tra la vita nostra e la vita di Dio, ma un passaggio, un ponte: e, poiché legandoci al ricordo dei trapassati con la preghiera ci sentiamo più vicini all’Eterno, ecco che la morte risulta un passo avanti verso la Vita. «Beati i morti che muoiono nel Signore». Il Signore fa della morte una beatitudine.

(Igino Giordani, Diario di fuoco, Città Nuova, Roma 1980, pp. 111-112).

 

 

 

 

Pubblicato il: 31/10/2014Categorie: Giordani scrittore

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