I cristiani e l’unità europea
Giordani già da giovane coltivava un sogno d’unità europea, come “prima fase” per rispondere alle aspettative di “solidarietà internazionale di tutti i popoli”. Lo scriveva in un libro del 1924 sul Partito Popolare.
L’anno dopo con occhi aperti e mente lucida approfondiva il discorso, auspicando il formarsi degli Stati uniti d’Europa in quattro articoli dell’estate 1925 su “Parte Guelfa”, rivista da lui fondata e diretta. Il tema era trattato in stretto collegamento con la necessaria unità delle chiese cristiane.
Esponeva infatti i motivi economici, sociali e politici per cui gli stati europei, stressati dalle reciproche distruzioni della Grande Guerra 1914-18, dovevano unirsi o confederarsi per non diventare un “protettorato” degli USA (dei cui aiuti finanziari erano tutti bisognosi). Ma avvertendo che una vera unità non la potevano realizzare nè i banchieri nè le diplomazie, proclamava indispensabile una condizione fondamentale: “europeizzare la cultura”.
Per raggiungere tale meta, egli diceva, occorre richiamarsi ai valori morali del cristianesimo, che già hanno segnato il cammino bimillenario del continente. E il cristianesimo può contribuire per bocca della sua espressione più autorevole: il Papato.
Bisogna subito precisare due punti. Tale contributo Giordani lo vede solo sul piano morale, escludendo esplicitamente l’esercizio papale di un potere politico. Aveva già in un articolo del marzo precedente rifiutato con chiarezza una ipotesi del genere: demoliva il progetto di un papa-imperatore esposto da Giuliotti sulle orme di Léon Bloy, dichiarandolo oltre che utopico, anche “reazionario, antidemocratico, antimoderno”.
L’altro punto: nell’avanzare la sua proposta Giordani pensava in una prospettiva di vero contenuto ecumenico.
Poichè qualcuno obiettava che l’Europa è religiosamente divisa, egli replicava innanzitutto ricordando un fatto storico: nel 1885 il protestante Bismarck si era affidato all’arbitrato di un papa (Leone XIII) per risolvere una vertenza territoriale tra Spagna e Germania. In più, affrontava il tema dell’unità tra i cristiani, dimostrando di aver fiducia nei segni di dialogo allora in atto: i colloqui di Malines tra cattolici e anglicani, e i vari incontri pan-cristiani delle altre chiese. Giordani vi scorgeva “sintomi della nuova coscienza”. E in un articolo del novembre 1925, L’unione delle chiese, oltre a spiegare le incomprensioni inter-cristiane come frutto di “ignoranza reciproca”, ipotizzava un metodo: l’unità sarà “forse più opera di reciproca comprensione e di carità tollerante, che di azione dottrinale”.
In qualche modo aveva nel fondo del cuore una speranza bella e grande, molto simile a un preludio dell'”insieme per l’Europa”, che oggi matura con gli incontri di Stoccarda.
Tommaso Sorgi