Nel 50° della fondazione della prima cittadella dei Focolari, a Loppiano

lopsito

Il 4 ottobre 2014 si è celebrato il 50° della fondazione del Centro internazionale di Loppiano (FI), la prima cittadella dei Focolari, luogo di sperimentazione permanente di uno stile di vita fondato sul dialogo e l’accoglienza interculturale.

«Una città scuola di vita per far risperare il mondo, – l’ha definita Papa Francesco nel suo video messaggio inviato per l’occasione – per testimoniare che il Vangelo è davvero il lievito e il sale della civiltà nuova dell’amore. Ma per questo, attingendo alla linfa spirituale del Vangelo, – ha proseguito il Santo Padre – occorre immaginare e sperimentare una nuova cultura in tutti i campi della vita sociale: dalla famiglia alla politica, all’economia. Cioè la cultura delle relazioni. Principio della sapienza è il sincero desiderio di istruzione, la cura dell’istruzione è amore».

Con emozione vogliamo commemorare questo 50° attraverso le parole di Igino Giordani che fu nominato, proprio nel 1964, Rettore dell’Istituto Internazionale di Cultura “Mystici Corporis”, sorto a Loppiano in quell’anno, e definito nell’atto di costituzione: «centro di alta cultura per una formazione accurata e vasta dei laici nelle discipline filosofiche, sociologiche e teologiche, animate da una visione universale, cattolica, nello spirito del Corpo Mistico e aperta a tutti i problemi della cristianità e dell’umanità».

UN ISTITUTO INTERNAZIONALE DI CULTURA PER LAICI

L’Istituto Internazionale «Mystici Corporis» di Loppia­no, nel silenzio, tra il verde delle colline di Valdarno, sorge come scuola di formazione del laicato cattolico; un laicato che faccia del lavoro ordinario uno strumento di evangelizzazione e che riesca a sacralizzare cristia­namente una società, su più settori, dissacrata.

L’inse­gnamento intende dare direttive, semplici e sicure, per lo svolgimento della missione sacerdotale, che compete a tutti, nel sacerdozio universale, e fa di ogni laico una sorta di mediatore tra Dio e il mondo, sarà, – almeno spera di essere, – per tal modo, uno strumento del magi­stero e dell’apostolato della Gerarchia.

Una delle note più originali del presente Papato, nel clima riformatore del Concilio, risulta dall’Ecclesiam Suam, là dove si invita la Chiesa a prender coscienza di sé, e cioè si chiamano i battezzati a essere Chiesa viva nella loro esistenza ordinaria, divenendo collabora­tori di Dio, sí da recuperare, nell’éra del materialismo ideologico e pratico, dove l’uomo rischia di ridursi a ordegno e la sua esistenza a lavoro per arricchire e a dispendio per non annoiarsi, la dignità dei figli di Dio, partecipi di un’operazione delicata, grave, immensa, qual è l’attuazione della volontà divina nella vicenda umana: la costruzione del suo regno in terra.

Ora quanto il recupero di questa coscienza e quin­di l’affinamento, e la stessa comprensione, del compito sacerdotale, apostolico, di vitalizzazione spirituale, e difoto073 persito evangelizzazione comminuta, siano urgenti, lo dice non solo l’Enciclica di Paolo VI, ma anche l’incerta reazione all’Enciclica stessa, che pure è uno dei documenti reli­giosi piú vitali e impegnativi della Chiesa moderna. Ma si sa: la deficienza spirituale maggiore non sta neppure nell’ateismo o nel materialismo: sta nell’igno­ranza religiosa. I cristiani possiedono un tesoro regale, e l’ignorano; dispongono di una mensa divina, e pati­scono d’inedia, cibandosi di briciole cadute.

E l’ignoranza, che diviene miseria spirituale e, per conseguenza, civile, produce principalmente la penuria della coscienza ecclesiale, che si traduce in scarsa o nulla convivenza dei battezzati, nel Corpo mistico, anzi quale Corpo mistico; e quindi nella deficienza di solidarietà morale e materiale e perciò nella grama comunione di vita divina e umana. L’Istituto vuol concorrere a ricreare que­sta coscienza, da cui rampolleranno benefici senza fine tan­to alla vita personale quanto alla vita collettiva, ché nel Corpo mistico il fratello funge da veicolo di grazie divine. A tal fine la pedagogia sarà impostata su criteri moderni, e impiegherà un vocabolario aggiornato, per spiegare tanto la teologia, quanto la storia e la sociologia cristiana; e nello stesso tempo promoverà una convivenza, che sia essa stes­sa attuazione, attimo per attimo, della comunione eccle­siale; che sia già dai fatti una evangelizzazione ininterrotta. I laici, così rinnovati, dallo studio e dalla convivenza nel lavoro, nella preghiera e nella comunione degli spi­riti, torneranno poi nei loro ambienti a istruire e sopratutto ad attuare questa esperienza ecclesiale, per cui professori e operai, scienziati e burocrati, professionisti e contadini, artisti e pensatori, si uniranno secondo il disegno divino («che tutti siano uno») per fare dell’esistenza un’avventura umano-divina, in cui sia presente l’Uomo-Dio, e si prolunghi l’incarnazione, la quale in ogni ora e in ogni luogo, in persona dei componenti del Corpo mistico di Cristo, fruttifichi redenzione.

«Un laico – se è consentito citarmi – imbevuto della grazia, in quanto cellula del Cristo mistico, si fa rappresentanza di Cristo, si sente responsabile della “consecratio mundi”; agisce nella vita, come diceva sant’Ambrogio, da “braccia di Cristo”. Egli nel suo stato può svolgere un apostolato efficace. Si pensi all’in­flusso di un imprenditore convinto dei principi cristiano­sociali; d’un insegnante, che fonda la scienza umana sulla sapienza divina; d’un padre e di una madre di fami­glia, che vivono il “grande sacramento” del matri­monio. Si pensi quale apostolato abbiano costituito le opere, i discorsi, gli scritti d’un Montalembert, un Windthorst, un Toniolo, un De Gasperi, un Claudel, un Manzoni, un Chesterton, un Kennedy…

«Si tratta di universalizzare siffatta azione diretta­mente o indirettamente religiosa nel mondo, sì che, cia­scuno nel proprio ambito, con le proprie possibilità, evangelizzi: consacri».

Si è parlato di sproletarizzazione del laico, già de­pauperato, in troppi luoghi, dalla alienazione dei suoi diritti religiosi: turba inerte, casta inferiore, relegato ai margini della Chiesa, anziché essere esso stesso Chiesa. Orbene, riconosciamolo, questa elevazione, con recu­pero di dignità e responsabilità, i laici la debbono sopra tutto al clero, alla Gerarchia, ai papi, da Leone XIII a Paolo VI, sotto la direzione del quale il Concilio sta rivendicando, tra la sorpresa e la scoperta dell’umanità, i diritti e i doveri dei battezzati tutti, anzi di tutti gli esseri umani, visti quali anime naturalmente cristiane. L’Istituto è presieduto da un collegio di vescovi, i quali garantiscono, con la rinascita della coscienza eccle­siale, («dove è il vescovo, ivi è la Chiesa») la dirittura dell’insegnamento e dell’educazione. Di qui proverrà quella collaborazione, e fusione, di sacerdoti e laici, la quale, nel sacerdozio universale, unirà entrambi in un unico Corpo mistico, mettendo fine al clericalismo e all’anticlericalismo, effetti della loro divaricazione.

La popolazione studentesca, (per motivi di vicinanza potremmo dire con Caterina da Siena: la lieta brigata) verrà da tutte le nazioni e razze; e realizzerà nell’ambito dell’Istituto, nella «città studentesca», come già l’han chiamata, quella unità vista ormai come condizione di sopravvivenza per il nostro mondo in clima atomico.

Igino Giordani, Un istituto internazionale di cultura per laici, in «Città Nuova» n. 21 del 10.11.1964, pag.2. 

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vedi anche: http://www.focolare.org/it/news/2014/10/04/loppiano-compie-50-anni/

 

 

Pubblicato il: 08/10/2014Categorie: Giordani scrittoretag =

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