La misericordia nel «MAGNIFICAT»/3
Il Magnificat precisa le direttive del processo d’evoluzione, mutamento e rinascita, in cui socialmente e politicamente, oltre che spiritualmente, si traduce l’ideale evangelico. Un mutamento che parte dall’amore, e si concretizza nella misericordia.
Un ideale simile assume oggi un carattere d’urgenza e d’attualità nuova. Erompono d’ogni parte ideologie e contestazioni, guerriglie e rivolte: urgono aspirazioni grandi e belle e s’introducono programmi distruttivi e d’odio. Maria insegna come orientare e costruire questa rivoluzione, incentrando le istanze nella pietà e comprensione e amore dell’uomo e respingendo tesi di lotta di classe e di rovine, che aggravano la crisi e dilatano sul mondo la paura. È una donna, la madre di Dio, che insegna con la parola e la vita: la vita della madre della misericordia. L’esempio di lei tanto più vale, oggi, quanto più si rivaluta la femminilità.
Maria c’insegna la strada: la strada della misericordia. Senza di questa, c’è rischio che ideologie sconcertanti e moti irrazionali facciano valere quegli apparecchi di distruzione – suicidio dell’umanità, – già allestiti e pronti per l’azione.
Dal Vangelo sono prese consciamente e inconsciamente le aspirazioni più belle della rivoluzione in corso, specie tra i giovani. Se essi orienteranno il movimento nel senso espresso da Maria di Nazareth, sconfiggeranno il principe della Morte, che mai, come oggi, si sente vicino al suo obiettivo; e susciteranno una convivenza, dove, agendo la giustizia e la solidarietà, saranno abolite le prepotenze e le avarizie, secondo il programma del Magnificat, di rivoluzione della misericordia.
Il magistero sociale più fecondo degli ultimi anni, a detta anche di tanti sociologi non cristiani, è stato quello della Mater et Magistra, della Gaudium et spes e della Populorum progressio: un magistero, il quale ha mostrato l’assurdità dei voler ricavare dal male il bene, dalle armi il pane, dall’odio l’efficienza (si consideri la tragedia del Medio Oriente e dell’Indocina) e inculca un’azione lungiveggente e redditizia di beneficenza organica costante: rivolgersi al Terzo Mondo, non per fini di colonizzazione e di sfruttamento, ma con intenti altruistici di sviluppare i popoli sottosviluppati, di portare alimenti, indumenti, abitazioni e cultura e medicinali a gente arretrata per la miseria economica. Ed è una traduzione aggiornata delle opere di misericordia: dar da mangiare agli affamati, ecc. È, questo, a detta di tanti uomini politici e secondo le aspirazioni di tutti quei popoli, il solo metodo valevole per risolvere la loro crisi, divenuta pericolosa per l’intera umanità. È evidente ormai l’inutilità e assurdità delle guerre, e cioè dell’odio (« l’inutile strage » di papa Benedetto XV) e la necessità di sistemi razionali, fatti di trattative, di dialogo e, sopra tutto, d’interventi e doni, da chi può a favore di chi non può. Lo vediamo: l’invio di armi e di denaro a favore di questo o quel popolo serve ad alimentare i conflitti, nei quali la gente pena, agonizza e muore; e a depositare germi di odio contro gli stessi donatori. La prospettiva di quella giovinetta, che intonava tra povera gente il Magnificat, e cioè il metodo della misericordia, è una prospettiva d’intelligenza divina e umana, la sola capace di risolvere il problema d’un mondo minacciato da un’ultima definitiva catastrofe, provocata dalla stupidità dell’odio, droga di suicidio.
Per riavere la pace, insomma, col benessere, occorre che noi curiamo le piaghe materiali e morali di chi soffre, sia di qua che di là dell’Oceano, in Europa e in Asia, in America e in Africa, usando una pietà, frutto di comprensione; una beneficienza, che non è debolezza, ma rimozione d’ingiustizie e di egoismi per fare della coesistenza una convivenza, delle nazioni una famiglia. Così vuole Gesù, il figlio di Maria, come assicura anche sua Madre.
Igino Giordani
(tratto da «Mater Ecclesiae» n. 4/1970)