Il giovane Giordani: vivace e controcorrente
A prima vista, chi volesse immaginare Igino Giordani scorrendone la biografia potrebbe ricorrere a diverse rappresentazioni: la compassata figura di parlamentare che compie discorsi importanti sulla pace nel mondo e sul disarmo totale durante la Guerra Fredda, oppure il calmo ed erudito scrittore che dalle pareti della Biblioteca Vaticana traduce, commenta e divulga i Padri della Chiesa, o ancora l’ispirato confondatore che al fianco di Chiara Lubich sostiene l’edificazione del nascente Movimento dei Focolari.
Chissà com’era da ragazzino, uno così! Forse uno scolaro deamicisiano alla Derossi?
Nient’affatto. È più vicino alla realtà immaginarlo – ancora bambino – con la cazzuola in mano, accanto al padre, nel costruire muri. O ancora vederlo sguazzare in modo selvaggio nelle acque dell’Aniene, nonostante le raccomandazioni di mamma e papà. O sfidare i ragazzini del rione storicamente avverso al suo, sul ponte che delimitava il confine.
La giovinezza di Igino è stata tumultuosa e vivace. Igino, se li è conquistati gli studi, in senso letterale. Mentre lavorava come muratore, ancora dodicenne, invece di fischiettare qualche motivetto si metteva a far prediche in un latino che non conosceva, e che aveva appreso nei canti durante le funzioni religiose, in quei primi anni del Novecento. Questo gioco innocente era spiato dal Sor Facchini, – un facoltoso tiburtino datore di lavoro del papà di Igino – il quale comprese che questo ragazzino, esile e rosso di capelli, era fatto per gli studi e non per l’edilizia. Gli pagò la retta per il seminario, e Igino cominciò a studiare. Da scavezzacollo qual era stato, cresceva e maturava negli studi. Fu premiato per i suoi traguardi intellettuali, era ben voluto dai professori, al punto che qualcuno lo ammetteva in classe più come collaboratore che come alunno.
Arriviamo all’anno 1914: il diploma di Igino coincide con l’ingresso del mondo in guerra. La sua indole temeraria e la sua profonda convinzione cristiana portano Igino a sfidare i facinorosi che, durante i comizi guerrafondai, straparlano di potenza, di morte e di vittoria militare. Viene invitato a calmarsi, se non vuole essere picchiato. Ma tant’è… il pacifismo del giovane Igino rimane inesorabilmente coerente nella scuola militare dove viene addestrato alla tattica di guerra: sul manuale che gli danno da studiare scriverà «qui si studia la scienza dell’imbellicità». Eh sì che ci voleva poco, a quei tempi, ad essere accusati di tradimento! Ma Igino vive controcorrente, sempre, con radicalità, avendo scelto di vivere secondo l’insegnamento cristiano: perfino in trincea, dove non spara mai un sol colpo contro il nemico, per non uccidere un altro figlio di Dio. Perfino quando, chiamato – proprio in virtù della sua giovanissima età – a far brillare un reticolato nemico, resterà gravemente ferito, e nelle corsie dell’ospedale di Milano troverà sollievo nel Crocifisso appeso al muro. Scanzonato e ironico, durante la lunga degenza all’ospedale militare, fra operazioni chirurgiche che ne mettono in pericolo la vita, ha il tempo per laurearsi con una tesi sul comico nella Divina Commedia, e intanto prende lezioni di violino. Controcorrente e radicale: la gioventù di Igino lascia intravedere il solco che tanti altri giovani nel Ventesimo secolo, ispirati all’ideale dell’unità, intraprenderanno.
Alberto Lo Presti