Fiore tra i rottami

avvento

Con l’Avvento, la Chiesa apre l’anno liturgico: la serie delle feste.

E se, nel primo giorno, ripete il Vangelo della disso­luzione escatologica dell’universo, quando, tra il franare degli astri, piomberà la costernazione sui popoli «sbigot­titi per il rimbombo del mare», e «la gente verrà meno», contemporaneamente ci ricorda che al culmine dell’or­rore si compirà il secondo avvento visibile del Figlio dell’uomo: la parusia in gloria e possanza.

Da anni noi siamo attori, spettatori e vittime d’una sorta di prova generale dello sfacelo apocalittico: città distrutte, siluri volanti, rombe di fuoco, carestie, fame e tessere annonarie. Tanto più perciò, credendo, attendia­mo il Figlio dell’uomo. Ed Egli viene silenzioso nel fra­gore, e invade il cuore di ciascuno, che l’attende, rico­stituendovi le energie, e consacra i diritti della vita sulle potenze dello sterminio.

La liturgia rilegge anche in questi giorni le profe­zie di Isaia, uno dei più gagliardi anticipatori dell’av­vento; ed è sintomatico che, come condizione insieme e come conseguenza della venuta del Cristo, egli pon­ga una fioritura di opere sociali. L’uomo si appresta a ricevere il Dio incarnato, e merita di riceverlo, se si purifica mediante la carità, che in pratica è servizio: se, smessa l’azione perversa, imprende a fare il bene as­sistendo gli oppressi, rialzando i pupilli, difendendo le vedove.

Questo soccorso sociale accomuna ricco e povero, ricostituisce l’unità e l’universalità, offre i materiali per la costruzione della città della giustizia, – la città fedele, – dove i servitori dell’uomo prendano il posto degli omicidi, e i guerrieri vengano sostituiti dai lavora­tori, e le armi si cangino in aratri, sì da porre fine all’infinita idiozia della guerra.

A chi attende Dio, pronto a combattere per la causa di Lui, che s’identifica con la causa dei diritti dell’uomo attentati da chi vuol ridurre i popoli a branchi e l’esistenza a servaggio, ecco viene Gesù, ogni momento, il Redentore, cioè il Liberatore, e apporta gioia e libertà; e allora, anche sullo strepito della polemica, sull’orizzonte stesso delle città arse tra gli esplosivi balenanti dal cielo, dalla terra e dal mare, come nelle apocalissi dell’ultima conflagra­zione, si posa, fiore tra i rottami, il sorriso della Vergine, che introduce il Bambino: Colui che emancipa da questa miseria.

«Che temete? – chiedeva Agostino tra gli urli delle invasioni. – Amate e sarete sicuri ».

E questo è: opporre l’amore che è il frutto dell’in­telligenza e la sostanza della vita, a questa raucisona avanzata d’imbecillità omicida.

Chè l’amore è lo spirito di Dio. Lo spirito di Dio che viene in noi: l’avvento che si realizza.

(Igino Giordani, Le feste, SEI, Torino, 1954, pp.11-16)

 

Pubblicato il: 02/12/2014Categorie: Giordani scrittore

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