La politica della collaborazione fraterna
Nel 20° anniversario del conferimento a Chiara Lubich del Premio Unesco “Educazione alla pace” proponiamo qualche riflessione di Giordani sulla pace e il potere.
L’ingresso delle palme, di Gesù a Gerusalemme, fu la celebrazione del messianismo pacifico – cioè di una politica sui generis -, che venne subito stroncata dalla politica di vecchio genere: quella che credeva (e magari crederà) in Dio e nella sua legge, ma fidava (e fiderà) di più nella spada dei propri armigeri: più nei carri armati che negli annunzi del Sinai, più nei cannoni che nei cànoni: questa decrepita folle politica che inocula la guerra anche nei trattati di pace e trasforma il popolo in esercito e la terra da arare in campo per ammazzare.
La politica messianica di Gesù si ricapitola sotto il nome di regno di Dio: cioè un regime, la cui costituzione sia la legge di Dio, e il cui fine come il principio, resti Dio.
In essa egli organizza il popolo in regno: un proprio regno, e lo dirige sulle vie della pace: la legge divina si fa beatitudine e porta alla beatitudine. L’assenza di Dio porta al terrore, alle tenebre, alla distruzione: chè signore diviene allora Satana, l’omicida.
Questo regno di Dio si traduce anche in una costituzione sociale, mediante un ordinamento che con un’autorità, organi, leggi e sanzioni, vivificato dalla grazia divina, agisce per il bene degli uomini e arriva al cielo, ma attraverso la terra; e si modella sull’ordine del divino. La sua legge è il vangelo e comporta l’unità, la solidarietà, l’eguaglianza, la paternità, il servizio sociale, la giustizia, la razionalità, la verità, con la lotta alla guerra, alla sopraffazione, alle inimicizie, all’errore, alla stupidità…
Se regna Dio non è ammissibile che uno sciali come Epulone e l’altro muoia di fame come Lazzaro; che la giustizia sia trafficata, che per avarizia si scateni la guerra, che si lasci la vita per la morte!
Gesù non tocca gli istituti esistenti, ma ne muta lo spirito, mutando i sentimenti degli uomini. Egli indirizza anche la politica a Dio, mette anche la città dell’uomo nella città di Dio, comprende nel suo regno gli stati e i municipi: funzionari e legionari, imperatori e consoli, una volta convertiti sono cristiani anche nell’esercizio delle loro funzioni, nel quale si contengono entro i limiti dell’etica cristiana.
E’ quella di Gesù la politica del subordinare ogni cosa al fine ultimo; e quindi non è sforzo per agglomerare potenza in mano ad uomini, ma per consentire agli uomini di governare la loro vita temporale, in modo da favorire lo sviluppo della propria vita religiosa. Non è dominio ma servizio; non mira alla guerra, ma propugna la pace; non importa egemonie ed esclusivismi, ma collaborazione fraterna, nell’universalità dell’amore, nella eguaglianza dei fratelli, nella dignità di tutti i componenti.
(Igino Giordani, Le Feste, 1954)