La famiglia: crisi o novità?

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La famiglia è oggi oggetto di accesi dibattiti e sembra attraversata da una crisi senza sbocco. Giordani ne ha parlato e scritto moltissimo, con grande passione. Il testo che vi proponiamo è tratto da La società cristiana, volume pubblicato per la prima volta nel 1942 e ristampato nel 2010.

L’uomo e la donna escono dall’esclusivismo individuale ed entrano nella società quando s’uniscono a comporre una famiglia. «Vari sono i gradi della società umana – disse Cicerone – ma la prima società risiede nel matrimonio». L’ insegnamento cristiano sul matrimonio riprende il magistero originario del Vecchio Testamento, che le glosse rabbiniche avevano, nei secoli, gravemente leso.

Al tempo di Gesù, tra i ricchi era frequente la poligamia e più frequente il divorzio, concesso, da alcuni esegeti, per i motivi più futili, quali quello che la moglie avesse fatto bruciare il pranzo.

E invece nella Genesi è detto: «Dio creò l’uomo maschio e femmina – li benedisse dicendo: ­ Crescete e moltiplicatevi….. l’uomo lascerà il padre e la madre, e si stringerà alla sua moglie, e  saranno due in un corpo solo». Questo vuol dire che la famiglia compone un’unità inscindibile: i due corpi, padre e madre, diventano un corpo solo, e separare quell’unità è lo stesso che tagliare, in due monconi, un corpo unico: e poichè quell’unità è saldata da Dio, è lo stesso che violentare l’opera di Dio.

Il matrimonio cristiano è monogamico: una sola moglie, un solo marito. L’etnologia ha scoperto che nelle antiche culture, più vicine alla natura, prevale la famiglia monogamica. Nei popoli più sani e forti si riscontra l’unità familiare. I Romani erano tra i popoli antichi che custodivano più rigidamente la monogamia, perchè appunto volevano famiglie forti e formarono le più belle famiglie dell’antichità, veri Stati in miniatura, la cui federazione faceva la compagine della Res-pubblica. E lo Stato le proteggeva, perchè proteggeva in esse la propria consistenza. Però, con l’immissione del lusso e della ricchezza, vari malanni, e, primo fra tutti il divorzio, l’ adulterio e il concubinato, corrosero la compagine della famiglia antica, compresa la romana.

La morale evangelica condanna tutti, nettamente, questi vizi: tre malattie che logoravano la santità familiare. Essa insegna: «Chi ripudia sua moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio; e se una donna ripudia suo marito e ne sposa un altro, commette adulterio. (Mt. 10, 11-12).

La donna, nei diritti e nella condanna, è uguagliata all’uomo, mentre la civiltà pagana, per lo più androcratica, riservava al maschio privilegi anche nel vizio. Invece nelle culture antiche, sotto l’azione del diritto naturale, la donna aveva avuto ed ha eguali diritti che l’uomo: e il cristianesimo fa suo e innalza, il diritto naturale, integrandolo col diritto sovrannaturale.

L’eguaglianza originaria fondamentale è posta da San Paolo, quando scrive che non vi è più, nel piano della grazia, nè maschio nè femmina essendoci, dinanzi a Dio, solo anime, creature di Lui, redente dal Sangue di Cristo e destinate a regnare nell’ eternità.

Funzione precipua della famiglia è il crescere e moltiplicare: aumentare la vita; cooperare all’opera creativa del Creatore. La sua unità non s’interrompe, ma si aumenta e prolunga nella prole. Nella prole l’amore dei due sposi s’incarna; l’unità si fa persona: Padre, madre, figlio formano una vita a immagine e somiglianza, in qualche modo, della divinità, da cui furono creati e sono vivificati. Tre punti per cui passa il circuito dell’unico amore, che parte e s’alimenta dall’amor di Dio. Perchè la loro compagine si conservi, non c’è altra corrente coesiva che l’amore: ma un amore il quale non dipenda dalle fattezze fisiche, che deperiscono, nè dalle fortune economiche, che mutano, sibbene dalla grazia divina, superiore alle vicende della natura e agli umori degli uomini.

La storia insegna che un popolo decade quando la famiglia si decompone. La tragedia degli anni che corrono offre conferme paurose e spettacolose. Si disgrega la famiglia, col comprimerla di oneri fino ad asfissiarla, col violarne quella inviolabilità che le compete, come società prima, con la letteratura pornografica, con gli spettacoli, che, per impotenza artistica, ridicolizzano le virtù domestiche; e infine con le leggi che favoriscono il divorzio, l’aborto,ecc.

Sacramentalmente edificata con un sacramento, del quale i genitori sono i ministri, la famiglia somiglia a un sacrario, dove il padre si riveste d’una autorità grata, e la moglie è cinta di una bellezza che non appassisce con gli anni; e i figli riforniscono le riserve della gioia, che supera i sacrifici. Così la famiglia è nella Chiesa e nello Stato, anzi è una piccola Chiesa e un piccolo Stato. Le famiglie compongono le parrocchie, le parrocchie le diocesi, le diocesi la Chiesa. E contemporaneamente, compongono i comuni, le provincie, lo Stato.

Chiesa minuscola, la famiglia è una comunità distributrice di grazie, una comunità di sacrificio, d’amore e di fede. Per la grazia del sacramento del matrimonio, gli sposi son diventati portatori di salute, capaci di trasmetterla l’uno all’ altra e di passarla ai figli. Agli occhi di Dio gli sposi son divenuti unità e unità così intima che è molto se uno dei due possa salvarsi senza l’altro.

Questa santità che fluisce per la compagine familiare diventa sanità che agisce sulla comunità statale. Una famiglia malata è un focolaio d’infezione, una famiglia sana è una cellula vivificante, per la grande Chiesa e la grande famiglia che è la società.

(Igino Giordani, La società cristiana, Citta Nuova, Roma 2010, pp.37-45)

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il: 22/06/2015Categorie: Giordani scrittore

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