Igino Giordani, Maria Gabriella della Trappa e la settimana per l’unità dei cristiani (terza parte)
Maria Gabriella dell’unità
Ma un terzo bellissimo dono mi ha portato l’Ottava: la scoperta di questo libro (la biografia di suor Maria Gabriella scritta da Maria Giovanna Dore). Esso ha completato questa sorta di rivelazione, aprendo davanti ai miei occhi, quasi rimovesse, con mani caste, i battenti di dietro una grata, l’adito alla santità essenziale, dove si vede come si fa, praticamente, a farsi santi, lanciandosi nel baratro della gloria di Dio.
Il libro narra la vita di suor Maria Gabriella, venuta dall’aspra Sardegna alla Trappa di Grottaferrata per consumarvi l’immolazione a Dio, a pro dell’unità della Chiesa.
Esso mi è stato offerto manoscritto, e l’ho letto con una gioia e una mortificazione non provate più da molti anni; perché bello d’una bellezza essenziale (sempre questa nota) quasi specchio dell’essenzialità della vita della Trappa, della vita di suor Maria Gabriella; quasi scaturito dalla stessa liturgia. Vi si riflette quella fede essenziale, concentrata e nuda, in cui è Dio, e Dio solo.
Mi pare insomma che questo libro, per quel che racconta e per il modo come lo racconta, abbia il potere di strapparci alle povere cose di ogni giorno, per trasferirci in una zona di purezza, dove la nostalgia dell’Eterno si fa più intensa.
Il libro narra il dramma di una vergine che offre la giovinezza a Dio per impetrare l’unità dei fratelli: un dramma che si svolge nell’ambito di un’anima, dentro i termini d’una esistenza che, rapidamente, si sfa, nello spazio di pochi metri quadrati, seguendo una regola uniforme. Poco o nulla d’esteriore: quasi nulla di accessorio; tutto è ridotto ai protagonisti essenziali: Dio e un’anima. Pare, ed è, uno di quei misteri sacri del Medio Evo, ritradotto in termini del nostro tempo, e vissuto da creature nostre coetanee. Noi vediamo il graduale disciogliersi dell’umano nel divino, mediante un incessante disimpegno dalle cose della terra e dai ritegni della propria volontà; e a un certo momento scorgiamo la sutura, rossa di sangue, che l’amore divino salda tra l’anima immolata e il Creatore.
Suor Maria Gabriella ha fatto a Dio il dono della sua verginità prima e della sua vita poi, per riparare, un po’, il mal fatto dalle divisioni. È stato il suo apostolato di giovane sposa. Un apostolato non di parole, perché, oltre tutto, la Regola proibisce di parlare; ma di opere: sofferenze e suppliche. .
Un apostolato che continua, perché il sacrificio di lei ancora frutta; e intanto insegna dove l’unione si può realizzare, e cioè nella zona di carità, e quando si potrà pienamente realizzare, e cioè al crollo delle soprastrutture edificate dall’orgoglio, dai pregiudizi e dall’egoismo sopra il corpo verginale della carità. Il problema dell’unità diviene, al pari degli altri problemi teologici, un problema essenzialmente di amore. Amore di Cristo, per amare i fratelli donde germina la Chiesa.
Suor Maria Gabriella è la sorellina che prende per mano i grandi, spesso oscurati alla vista da filosofemi e da immagini deformate; e rimette per via. Il suo sacrificio e il suo ricordo, per il tramite di questo libro, faranno un gran bene.
Ora san Paolo, mentre ha elaborato, con parole non attinte alla terra, il mistero dell’amore, ci ha insegnata pure il compito del dolore, per l’edificazione della Chiesa – l’Agape (l’amore) come la chiamavano i discepoli degli Apostoli. Le sofferenze dei cristiani, membra vive del Corpo mistico, del Cristo totale, concorrono all’edificazione della Chiesa: son come un prodigioso liquore distillato da mani monde, dentro clausure monastiche, il quale ridà e accresce l’energie vitali. Suor Maria Gabriella ha tirato le conseguenze dell’ammaestramento paolino: ha chiesto la pena del disfacimento fisico per riedificare un pezzo della Chiesa.
Igino Giordani, Roma, 25 gennaio 1940
(tratto da: M.G. Dore – Suor Maria Gabriella – Dalla Trappa per l’unità, Morcelliana, 1941, prefazione di Igino Giordani)