Risorgere amando la propria croce
Un brano intenso tratto da L’unico amore in cui Igino Giordani offre una riflessione sul mistero del dolore che diventa vittoria della vita.
Ora che Il Verbo si facesse uomo, divenendo da Tutto Nulla, pare una follia dell’amore divino, quasi svuotamento della divinità per conguagliarsi con la miseria delle creature.
Ma così distrugge il male degli uomini, assumendo in sé per farlo morire nella propria morte.
Per questo si umilia a nascere in una grotta – da una stella a una stalla – si addossa i travagli umani, Morendo, sopra la marea urlante dei beneficati, afferma sino alla fine la sua solidarietà: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).
Al malfattore, crocifisso accanto a lui, e per lui divenuto consapevole del proprio delitto, assicura: “Oggi sarai con me in Paradiso”.
Un tal contegno da solo basta a rivelare la divinità di Cristo; un contegno di potenza sovrumana, di emancipazione da usi e leggi vigenti, di affermazioni d’una novità senza uguali.
Egli perdona il ladrone e ne fa il primo cittadino del cielo per via del pentimento.
Esige da tutti i peccatori un mutamento, una vera crocifissione per sé, per risorgere.
Contro siffatta esigenza, che è cruda, dalla tragedia del Golgota in poi, sono rampollati groppi di negazioni per sottrarre l’uomo, non alla gioia, ma ai doveri dell’amore.
Momento supremo, nel quale santi grandi e geni speculativi intravidero la grandezza della Redentore nello strazio dell’abbandono del Padre.
In quel punto, segnato dal grido straziante, l’umanità, col fratello maggiore, Cristo, tornò al Padre (“nelle tue mani rimetto il mio spirito”) passando dal solco del suo sangue.
In esso tutto il pianto delle creature, il loro strazio, la loro infelicità, appaiono tuttora flusso che confluisce nel sangue di Cristo, prolungando il miracolo della sua morte divenuta vittoria della vita.
In questo mistero si concentra il discorso del vero cristiano.
Igino Giordani in: L’unico amore, Città Nuova, 1974.