Il nostro Giordani
Quella di Igino Giordani è una personalità complessa e dall’impegno vasto e multiforme. Tutti lo conosciamo come uno dei più illustri scrittori italiani e figura fra le più rilevanti del moderno pensiero cristiano a livello internazionale, apologista, patrologo di grande valore, agiografo, ecumenista, saggista di forte personalità. Egli è stato, accanto a Sturzo, uno degli iniziatori di quell’impegno dei cattolici nel politico che diede vita al Partito Popolare, subito dopo la prima guerra mondiale. Era un’esperienza nuova per i cattolici italiani dopo il tempo del ‘non expedit’; ed egli vi si immerse con grande coraggio e con la chiarezza del “sì sì, no no” evangelico.
Di fronte a questa ampiezza e ricchezza d’interessi viene spontanea una domanda: quali ne sono state le radici profonde? Che cosa lo ha spinto a immettere nelle realtà sociali, politiche, culturali, di famiglia, quell’afflato spirituale e universale, che lo rendeva autentico e che traspariva dai suoi atti, e nei rapporti aperti e schietti con amici e avversari?
Lo spiega lui stesso nel libro La divina avventura, e la sua spiegazione ci solleva di colpo al livello in cui egli si muoveva: «Il fratello ci è dato per questo: per permetterci di amare in lui Dio; di assolvere la funzione per la quale fummo chiamati alla vita: a realizzare il piano di Dio che è espandere l’amore, che equivale all’espansione del regno di Dio: Dio che si espande nell’umanità… Ed ecco la socialità, che non è né contratto né istituto, ma espansione della natura umana creata da Dio e redenta dal Verbo; integrazione dell’individuo, a cui permette di vivere la piena vita, che sta nell’amore. Non sorge quindi conflitto fra i due termini, uomo e società: dall’uno all’altro è una espansione; dall’uomo si va a Dio per tramite del fratello: e la società è un veicolo di divinità».
Questa sua capacità di intendere e vivere la dimensione divina che è nelle cose e nei rapporti, gli veniva da una fede forte e da una umiltà vera: l’umiltà dei ‘piccoli’ di cui parla il Vangelo e nella quale seppe crescere durante tutta la sua vita: il corredo culturale non lo inorgoglì, ma rese la sua capacità di ascolto più ricca, facendogli ancor più cogliere i valori spirituali ovunque fossero genuini.
in: Citta Nuova 9/1980, pp.8-10