Produttori di bene comune
Scriveva Giordani in Laicato e Sacerdozio (1964): «Incapsulato nell’armamentario d’un partito, d’una classe, del fisco, dello Stato, dell’azienda, il lavoratore del braccio e del cervello si sente sempre più ghermito dall’apparato, si spersonalizza, si allinea, come dicono: e, dove si svincola rischia, come grano di sabbia, d’essere travolto nel numerico, nell’anonimia di massa, nel turbine d’una vicenda retta da gruppi di potere.» Parole che sembrano descrivere la situazione in cui ci troviamo a vivere oggi, avvolti da un senso di precarietà e di impotenza di fronte agli eventi della natura, l’invadenza della tecnologia, la lontananza della politica dai veri interessi di chi ha più bisogno.
Giordani dava allora un’incoraggiante risposta appellandosi alle risorse di un laicato cristiano di cui si stava dall’inizio del secolo costatando un risveglio; risveglio cui egli ha dato un notevole impulso con i suoi scritti e il suo esempio.
Nella tensione alla santità che ha contraddistinto la sua figura, c’è la radice della sua esperienza di laico e la sua visione della funzione del laicato cristiano.
«Il cristiano»– scriveva nel 1939 in Noi e la Chiesa – «è un produttore di bene: e di bene sociale. Sta nella società per questo: per fare il bene. Agiscono innumerevoli impulsi di male: il cristiano, portatore di Dio, con le energie attinte dalla Chiesa, reagisce opponendo forze di bene. E’ questa la sua lotta: questa la sua prova. C’è per questo. Ed è un compito immenso, divino, in certo senso: perché, anche per il suo tramite – per tramite di quello che egli, uomo, fa – il divino si inserisce nel circuito umano e galvanizza, con potenza sovrumana, le debolezze di tutti».
E’ ancora attuale, questo discorso per il cristiano di oggi?
Parlando diversi anni più tardi a un folto gruppo di ‘volontari’, laici cristiani impegnati del Movimento dei Focolari dirà: «Voi rappresentate la fioritura del nostro movimento nella società, nel mondo… attraverso il laicato entra la santità nella società, si ridona un’anima alla società». Ed egualmente, in altra occasione, dirà alle ‘volontarie’ del Movimento: «Io attribuisco a voi una funzione importantissima, di essere agenti di purificazione di una società la quale si sta corrompendo, disgregando».
Questo messaggio di Giordani lo sentiamo più che mai attuale. L’oggi dell’umanità chiede proprio questo: una iniezione di divino, che vuol dire un’iniezione di amore, una produzione d’amore. Ed è richiesta non solo al cristiano, chiamato a riscoprire il valore del suo sacerdozio regale – che vuol dire servizio al fratello, al corpo sociale – ma ad ogni uomo di buona volontà che non vuol soggiacere ad una cultura disumanizzante, all’indifferenza o, peggio, all’odio senza reagire. E c’è, per fortuna, tutto un mondo, soprattutto di giovani, che si è incamminato su questa via, e proprio sulle orme di Giordani in vista, come egli ha scritto, di «cristianizzare, fraternizzando, la democrazia».