Cristiano: aggettivo o sostantivo?
La qualifica di “teologo censore” degli scritti di Igino Giordani mi dà il privilegio di sedere in prima fila durante la cerimonia di conclusione del processo diocesano. Posso così godermi con calma il grande pannello con foto di Foco, un “Servo di Dio” a cui compete a pieno titolo l’appellativo di “cristiano”.
La macchina fotografica lo ritrae con i figli e la moglie: proprio un padre di famiglia “cristiano”! È poi colto dall’obbiettivo assieme al Presidente Leone, all’onorevole Sorgi, e in atto di pronunciare un comizio per la DC: esempio di politico e di parlamentare “cristiano”, o meglio “cattolico”, come si preferiva dire. Eccolo ancora al tavolo di redazione del giornale «Città Nuova»: giornalista “cattolico”, o seduto nel suo studio con la penna in mano: scrittore “cattolico”, una delle più brillanti “penne” cattoliche…
Mentre il notaio della Causa declama il verbale con voce scandita e tagliente, in un severo latino curiale, Giordani mi sorride da ognuna delle sue foto. Sento che mi corregge amabilmente: «Non sono un padre di famiglia cristiano, né un politico, un giornalista, uno scrittore cattolico. I termini ‘cristiano’ e ‘cattolico’ non mi si addicono come aggettivi, li sento piuttosto come sostantivi, ‘sostanza’ della mia vita».
È così, caro Foco, gli rispondo, mentre nel contempo anche il notaio conclude la lettura degli atti con un solenne: «Ita est». Eri proprio un cristiano, un altro Gesù, chiamato ad essere padre di famiglia, deputato, scrittore, occupazioni importanti, nelle quali hai lasciato l’impronta della tua natura più profonda e radicale, del tuo essere cristiano: questo il sostantivo, che impregna di divino ogni tua nobile attività, passata ad aggettivo.