Il dialogo, primo passo verso la fraternità universale
Il 24 ottobre 2007, a Roma, il Movimento politico per l’unità organizza, in collaborazione con il Centro Igino Giordani, un incontro sul tema: Le ragioni del dialogo: attualità di Igino Giordani. Partecipa e interviene l’allora onorevole Sergio Mattarella. Pubblichiamo le sue parole, mentre ci uniamo agli auguri di tutto il Movimento dei Focolari per l’alto compito a cui è stato chiamato.
“Ho conosciuto Igino Giordani, ho fatto anche qualche volta ricorso a lui. Nei primissimi anni Sessanta io ero responsabile qui a Roma degli studenti della gioventù di Azione cattolica, e gli chiesi di fare alcuni incontri, due per la verità, a un gruppo di studenti che erano quelli più impegnati nell’attività del centro diocesano per gli studenti appunto. È appena il caso che ricordi… Fui colpito come poche altre volte mi è capitato – qualche volta grazia a Dio è avvenuto! – fui colpito dalla semplicità, dalla disponibilità di quest’uomo che per me era quasi un mito, per ragioni che dirò. E mi colpì, rimasi colpito dalla trasparenza, dalla limpidezza dello sguardo.
Io lo conoscevo perché era molto amico di mio padre con cui avevano un rapporto personale intenso. Tra l’altro mio padre, Bernardo Mattarella, nel ‘37, quando Igino Giordani aveva poco più di quarant’anni, scrisse una biografia di Igino Giordani. Mio padre era poco più che trentenne, e in un gruppo culturale che a Palermo si riuniva intorno a Pietro Mignosi, un grande uomo di cultura, romanziere offuscato dal regime fascista, avevano deciso di scrivere e pubblicare alcune biografie di personaggi della cultura cattolica del tempo e Igino Giordani a quarantatré anni allora era già un personaggio notissimo, tanto appunto da pubblicarne in quella collana una biografia.
Io ho pensato tante volte a Igino Giordani, a Lazzati, a La Pira, a tanti altri meno conosciuti, in questi anni ormai lunghi di vita parlamentare che ho attraversato – io ormai sono un parlamentare anziano – riflettendo sovente a quello che è il tarlo principale che c’è nella vita politica, il rischio principale: che è quello di perdere lentamente, impercettibilmente il senso della verità, con la tentazione qualche volta neanche consapevole di farlo coincidere sempre più col senso e l’interesse della propria parte politica, se non addirittura col proprio interesse personale, con la propria carriera personale. È il tarlo più sottile, più insidioso, più pericoloso della vita politica: quello di una visione che perde i parametri della verità progressivamente e li identifica, li sostituisce con i parametri dell’interesse della parte politica propria.
Bene, Giordani è, come altri, una delle manifestazioni che è possibile vivere nelle istituzioni, vivere intensamente un impegno politico rimanendo integralmente se stessi, senza perdere in nulla il senso della verità. Anzi, facendo delle istituzioni politiche una palestra per esprimere, per manifestare, per cercar di tradurre in scelte concrete il senso della verità per come la si vede, per quella che si avverte nella cultura propria. Questo è quello che ha consentito nel tempo tante volte di vedere, e basta leggere gli interventi parlamentari di Igino Giordani in Parlamento, alla Costituente e in Parlamento, per vedere come questo sia quello che consente la capacità di occuparsi del bene comune.
Il bene comune! Nei giorni scorsi vi è stata a Pisa la Settimana Sociale dei cattolici italiani a cento anni dall’iniziativa di Toniolo. Igino Giordani è uno dei campioni principali di questo filone, è una delle figure che punteggiano questa capacità di analizzare il bene comune, di analizzare il nostro Paese, la nostra società per individuare insieme ad altri il bene comune da perseguire.
Certo è difficile! E io misuravo l’ampiezza dei concetti che sono stati manifestati qui questa sera: bene comune, politica e amore, fraternità universale, pratica quotidiana. Non soltanto quella nel nostro Paese e non soltanto nella società politica; anche in quella civile così frantumata, frammentata con un’accentuazione di egoismi individuali o locali, territoriali, categoriali, con una frammentazione costante, con una “notte del noi”. È anche al di fuori del nostro Paese. Come non pensare all’esclamazione di Giovanni Paolo II: «Non si può uccidere in nome di Dio». La nostra comunità internazionale che, dopo le speranze della fine della guerra fredda, si vede frantumata in una serie di tragedie che sembra non avere mai fine.
Eppure questo è il riferimento, l’unico, su cui possiamo contare: quello di pensare a come individuare, con la capacità di superar confini, il bene comune, a come riuscire a mettere insieme politica e amore.
Io ho partecipato qualche mese fa alla stesura di un documento politico, di un manifesto in cui abbiamo scritto anche: «La politica è una forma di amore per il prossimo». Tra gli estensori qualcuno ha obiettato: «Ma è un’espressione evangelica!». Ma ogni tanto qualche espressione evangelica non guasta nei documenti politici per dare qualche richiamo, qualche riferimento valoriale.
Bene, all’inizio il nostro moderatore si chiedeva e ci chiedeva: «Sono curioso di capire che cosa questa sera vuol dirci Igino Giordani». Bene, di fronte a queste cose evocate con tanto impegno e con tanta nitidezza – il bene comune, politica come amore per il prossimo, la fraternità universale – io credo che questa sera Igino Giordani abbiamo voluto dirci, con la serata dedicata al dialogo in suo nome, che il dialogo così difficile in questa società frantumata, in questa politica litigiosa, in questo mondo così travagliato da tanti drammi, quel che questa sera ha voluto dirci è che il dialogo è il primo passo per la fraternità universale”.