Gloria a Dio in cielo e pace agli uomini in terra

giotto

Anche i Romani attendevano il Salvatore del mondo sotto le sembianze di un ragazzo… e anche i Greci e anche i Persiani. I Giudei poi l’aspettavano nella luce della profezia…

E il capovolgimento fu già configurato da quella nascita proletaria, che poneva il figlio di Dio al rango delle vittime delle guerre e delle inondazioni, tra i senza tetto e i senza denaro, sullo strato inferiore della miseria universale, così come sarebbe morto sul patibolo della peggiore ignominia.

Una presentazione sbalorditiva del divino: nimbi di angeli sopra e crocchi di pastori a ridosso di una stalla.

Ma più sbalorditivo fu il canto intonato dentro la notte rotta di fulgori dagli spiriti evangelici sopra quella nascita singolare: Gloria a Dio in cielo; pace agli uomini in terra.

Vi si esprimeva la sostanza della redenzione, e cioè della liberazione degli uomini; il motivo del loro natale nel divino ond’erano rifatti liberi figli di Dio.

Quel che è la gloria per Iddio – suonava in sostanza il messaggio (degli angeli) – è la pace per gli uomini. La pace di Dio è la sua gloria. La gloria degli uomini è la loro pace.

Il nesso è vitale, e già da solo investe il rapporto di valori divini e umani incluso nell’incarnazione, dove la natura divina e umana si uniscono in un’unica persona, fatta perciò legame e tramite dell’infinito nel finito, dell’Eterno nel transeunte, della gloria nella pace.

Tale nesso porta che non si può separare la gloria di Dio dalla pace degli uomini. Se c’è l’una, c’è l’altra; se non c’è quella, manca pure questa.

Quando ad esempio, una società abolisce o trascura il culto al Signore dell’universo, con l’osservanza della sua legge, non reca danno a Dio, superiore alle opere dell’uomo: ma reca danno all’uomo, rendendogli impossibile la pace.

(Igino Giordani, «La Via», 1952)

Pubblicato il: 16/12/2015Categorie: Giordani scrittore

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