L’incontro con Chiara Lubich
Igino passa la prima parte della sua vita alla ricerca di un modo per tradurre il suo impegno religioso in qualcosa di più profondo. Da laico, marito e padre, immerso nelle realtà del mondo, sa bene che la Chiesa gli assegna un ruolo circoscritto e limitato. All’epoca girava un detto ironico, secondo il quale il posto del laico nella Chiesa era seduto sulla panca, in ginocchio sulla balaustra e, scherzosamente, si aggiungeva… con la mano al portafoglio. Nel settembre del 1948 accade qualcosa destinato a cambiargli la vita. Riceve nel suo studio a Montecitorio, in veste di deputato, un gruppo guidato da una giovane trentina, affiancata da un frate minore, un conventuale, un cappuccino e un laico. È Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari. Igino non ha molta voglia di riceverli. S’aspetta la solita proposta bizzarra di qualche esaltato che gli propone soluzioni nuove per rinnovare la Chiesa. Lui non era tipo da queste cose, perché credeva che per rigenerare il mondo ci fosse bisogno di tornare alla radice dell’insegnamento di Gesù, non di inventarsi soluzioni strane. A tal proposito, Igino s’era fatto un nome come intellettuale coerente e intransigente verso le deviazioni dalla tradizione cristiana. A pensarci bene, l’incontro con Chiara sarebbe potuto finire molto male. D’altronde, Chiara era una giovane di 28 anni che non poteva esibire titoli di studio importanti, né esperienze religiose conosciute e approvate dalla Chiesa. Giordani aveva quasi il doppio della sua età (54 anni), era al massimo della carriera, aveva scritto una sessantina di libri, rappresentava la punta di diamante del cristianesimo sociale. Mentre stava pensando a come fare per congedare il gruppetto guidato da Chiara… seguiamo cosa accadde riportando le sue parole:
«La signorina parlò; ero sicuro di ascoltare una sentimentale propagandista di qualche utopia assistenziale. E invece, alle prime parole avvertii una cosa nuova. Di colpo la mia curiosità si svegliò e un fuoco dentro prese a vampare. Quando, dopo mezz’ora, ella ebbe finito di parlare, io ero preso in un’atmosfera incantata: come in un nimbo di luce e di felicità; e avrei desiderato che quella voce continuasse. Era la voce che, senza rendermene conto, avevo atteso».
Dalla loro unità fiorisce il Movimento dei Focolari: lei ne fu la scintilla ispiratrice, lui la fiamma capace di riversare tale bagliore sull’umanità. Lei era la «santa ispirata dallo spirito santo», come la definì lui, mentre lui -come Chiara disse- le appariva con «una speciale grazia di comprendere questo Ideale che Dio m’aveva dato, dandoGli quell’importanza che merita». I frutti di tale incontro si sono propagati in tutto il mondo e stanno arricchendo le storie personali di tante persone e di tante realtà associative. Una fecondità che dal piano spirituale inonda la vita sociale, civile e politica in ogni angolo della Terra.
Con le parole di Chiara Lubich
Qualcuno ha detto che se su tutti i punti della terra il Vangelo scomparisse, il cristiano dovrebbe essere tale che chi lo vede vivere potrebbe riscrivere il Vangelo.
Ebbene Giordani è stato uno di questi cristiani. Quand’egli se ne partì da questa vita, il giorno che ci vide tutti raccolti attorno a lui per l’ultimo saluto – vennero migliaia di persone da ogni parte del mondo – nella Messa venne letta quella tipica pagina del Vangelo che sono le beatitudini. Ebbene: quanti lo avevano conosciuto a fondo erano concordi nel constatare e nell’affermare che egli le aveva vissute tutte.
Era stato infatti un “puro di cuore” in maniera eccezionale. Fu questa purezza che gli fece definire l’esistenza terrena dell’uomo, perché sempre seguita dall’amore provvidenziale di Dio un’avventura divina.
Fu questa purezza di cuore che gli affinò i sentimenti più sacri e glieli potenziò. Aveva un tenerissimo amore per la sua signora. E commuoveva ed impressionava l’intensità dell’affetto verso i suoi quattro figlioli.
E’ stato un “povero in spirito” per il distacco completo non solo da tutto ciò che possedeva, ma soprattutto da tutto ciò che era.
Il suo cuore era carico di “misericordia”: vicino a lui anche il più miserabile peccatore si sentiva perdonato ed il più indigente si sentiva re.
E’ stato sempre un “operatore di pace”, come documenta anche la sua storia di uomo politico.
E’ arrivato a possedere tale “mitezza” da far capire come il Vangelo dica che chi ha questa virtù possiede la terra: egli con la più raffinata gentilezza, con quel suo nobile modo di trattare, con quelle parole tutte sue, conquistava quanti avvicinava perché chiunque si sentiva a suo agio, considerato con dignità. I giovani stabilivano con lui un rapporto da pari a pari e non era raro sentire affermare che, soprattutto negli ultimi tempi, irradiava dalla sua persona qualcosa di soprannaturale.
Cristiano di prim’ordine, dotto, apologeta, apostolo, quando gli è parso d’incontrare una polla d’acqua genuina, che sgorgava dalla Chiesa, a nuova testimonianza che lo Spirito Santo è sempre vivo e attivo in essa, ha saputo posporre ogni cosa per seguire Gesù che lo chiamava a dissetarsi di quell’acqua.
E viveva anche il Vangelo dell’umiltà. Quando pensava ad esempio che qualcuno del nostro Movimento gli riservasse qualche privilegio – dato il suo riguardevole passato – implorava d’esser trattato come tutti gli altri.
Ma in Giordani era caratteristico soprattutto – com’è stato detto – il Vangelo dell’amore. Assetato di Dio sin dall’infanzia, ma chiamato a vivere in mezzo al mondo, ha scoperto un modo d’accedere all’Eterno, modo sicuro forse come nessun altro. Si trattava – così lo descriveva – di tre tappe, quasi tre punti d’un triangolo: io, il fratello, Dio. Era convinto che avrebbe raggiunto Dio amando il fratello, attraverso il fratello, servendo tutti quei fratelli che incontrava durante la sua giornata.
E così fece ed arrivò tanto in alto. Perché più amava i fratelli più s’approfondiva nel suo animo l’unione con Dio. E viceversa: più era unito a Dio più si raffinava la sua carità verso ogni prossimo.
Giordani é stato uno dei più grandi doni che il Cielo ha fatto al Movimento dei Focolari.
Egli ha prodigato gran parte della sua esistenza a questa nuova realtà della Chiesa cha ha anche un altro nome: Opera di Maria. Di Maria: perché a noi tutti sembra che qui, come in altri tempi e in altri luoghi della terra, sia soprattutto Maria, la Vergine, la Madre della Chiesa e dell’umanità, all’opera. E a noi pare che Maria, di cui lui era innamorato, lo abbia premiato facendone un suo eletto, anzi trasportandolo quasi nella sfera dei mistici.