Fontana di giovinezza e di poesia

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Giordani ci offre una lettura “sociale” e “politica” – nel senso più alto del termine – della festa del Corpus Domini: quale «esercizio della carità». Ancora una volta ci richiama a un cristianesimo impegnato, a un vangelo vissuto, a una «carità costruttiva». L’Eucarestia rende possibile tutto ciò. Di più: quale vincolo di unità, ci fa consanguinei di Cristo e quindi fra noi.

Il Corpus Domini nelle parole di Giordani – in cui è facile leggere tanti richiami, spesso espliciti, a quei Padri della Chiesa che tanto aveva studiato e amava – diventa così la festa della nostra divinizzazione, quasi un proseguimento del Natale: «Dio si fa uomo perché l’uomo si faccia Dio», aveva affermato Atanasio. L’Eucaristia, sottolinea il nostro autore, attua misticamente questa trasformazione. E ciò è possibile perché – come ci ricorda Agostino – non è il pane eucaristico ad assimilarsi a noi ma, viceversa, siamo noi che ci assimiliamo a Lui.

 Oggi si ricorda al popolo che in mezzo alla sua città riarsa zampilla una polla d’acqua viva, capace di nutrire d’eterna giovinezza la sua esistenza.

Noi siamo portati dai piccoli istinti e dalle più piccole filosofie a dividerci per urtarci; e quella ci unifica. Noi siamo accozzati con le nostre passioni a spremere odio, come l’essudato ordinario della convivenza; e quella prodiga amore. E l’amore schiara l’intelletto e frutta servizio sociale.

Con vocabolo greco, questa fontana di giovinezza e poesia, che espunge la morte e assicura la vita, poiché è la Vita, si chiamò Eucaristia: e da essa sgorga, sopra l’aiuola che ci fa feroci, l’onda dell’eterno Amore che ci dà gioia. […]

Il corpo sociale, dopo il cristianesimo, non si regge senza il Corpus Domini, senza Cristo fra noi, che sta alla vita sociale come il sole all’agricoltura […].

Il mistero dell’incarnazione di Dio così prosegue: Cristo si fa tutt’ora nostro corpo e noi ci facciamo tuttora corpo di Cristo, per un mistero d’amore, che agisce tra mezzo alle catene dell’odio.

L’organismo sociale, nella misura che diventa un mistico Corpus Domini, alla propria debolezza aggiunge l’onnipotenza, alla propria stoltezza la sapienza. Per quel connettivo, del pulviscolo degl’individui si forma la società, salda così che le creature vi divengono consanguinee di Cristo e consanguinee, pertanto, fra di loro.

E finora non s’è trovato un surrogato di scompaginamento efficace, che duri oltre le sventure e oltrepassi i segni della morte. […]

C’è Dio in mezzo a noi: e si fa carne e sangue nostro. Noi possiamo per esso divinizzarci. E per esso serbarci immoralmente liberi, superiori alle coazioni e alle miserie; e attingere da esso l’amore per ricambiare il male col bene, l’imbecillità omicida con la carità costruttiva. […]

Il Corpus Domini può fare di questo branco l’Ecclesia […]: può fare il corpo di Cristo mistico, in una terra rifatta fertile dall’amore […]; può fare il popolo sovrano, «regale», in mezzo a cui il governo diventi un servizio e la politica un esercizio di carità.

(Igino Giordani, Le feste. Solennità liturgiche e profili di santi, SEI, Torino 1954, pp. 169-172).

Pubblicato il: 20/06/2014Categorie: notizie

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