L’eredità di Igino Giordani
Incontrai Giordani nell’aprile del 1956, in un frangente della mia vita nel quale le risorse di fede e di amor di Dio, dopo tre anni di vita da parlamentare, si stavano essiccando.
Nel mio deserto spirituale Giordani mi fece conoscere Chiara Lubich. E fu per me un rinascere al Cielo: da lei scoprivo la presenza del Cristo che è Risorto e vive oggi, vive specialmente in mezzo a due o tre uniti nel suo nome (Mt 18,20). Scoprivo un Gesù che io potevo portare con me anche nell’aula di Montecitorio e negli incontri di partito.
Quando è stato costituito il Centro dedicato a I. Giordani (1985), ho potuto conoscerlo di più: avevo accesso ai primi suoi articoli e libri fin dal 1918 e a carte e documenti fin dal 1916, riposti nei cassetti. Allora mi si illuminavano altre vicende di vita ed altre avventure dello spirito, che mi confermavano e ampliavano la sua effervescenza ideativa.
Vedevo in lui intuizioni geniali e sottilissimo senso storico, con anticipazioni ardite di eventi e di concetti civili e religiosi, per cui molti studiosi lo hanno dichiarato “scrittore profeta”. Vedevo anche confermata quella sua caratteristica sintassi spirituale e intellettuale per cui, qualunque campo egli tocchi, sempre cielo e terra, divino e umano, sono intrecciati per il bene dell’uomo. Nel 1946 per esempio, quando viene chiamato a fare politica su invito di De Gasperi, ha simili interrogativi: “può un uomo politico esser santo? Può un santo esser uomo politico? Prova in te la soluzione del quesito ora che diventi uomo politico”. E ancora: “2 agosto: Diffondere santità da un povero foglio di giornale; diffondere santità da un corridoio di passi perduti… chi compirà questo miracolo?” Una risposta ce l’ha già, per tutto il suo passato di fedeltà totale al contenuto sociale del cristianesimo. La troverà ancora più profonda, quando nel settembre 1948 incontra Chiara Lubich e il suo Ideale di Dio Amore.
Il nostro Igino è ancora oggi mio maestro. Con la grazia di dover seguire la sua causa di beatificazione, trovo continui insegnamenti dal suo essere un innamorato di Dio, un innamorato dell’uomo. Ma non solo per me egli continua a dare sostanza di pensiero e di vita. Alla società civile Giordani lascia in eredità il suo messaggio e la testimonianza di fondo di politico casto, di pensatore e scrittore casto e di umanista.
Alla Chiesa, egli lascia una eredità cospicua: certo i suoi scritti, ma soprattutto la vita vissuta, la testimonianza di fede e di fedeltà, l’azione per la crescita dei laici nella pienezza ecclesiale e sociale. La sua eredità si estende anche al di là dei confini visibili della Chiesa cattolica, se è avvenuto che a scrivere la sua prima biografia sia stato un inglese, pastore della chiesa battista (E. Robertson, Igino Giordani, Città Nuova, Roma 1986).
E questo è un altro fra i segni della realtà che lo Spirito gli affidò di essere: certo, innanzi tutto, testimone del Vangelo; ma anche, in qualche misura maestro e padre nella cristianità. Forse, ancora più: un profeta, che annunziava ed apriva tempi davvero nuovi.