Diario, 12 ottobre 1964
Impressionante ora è il sentire libertà dal mondo, dall’uomo. Ora si ama l’uomo, ma in Dio, da Dio: e cioè, l’uomo – devo amarlo – non per me, per il mio bene, ma per il suo bene in Dio, per Iddio. Non si ama Dio se non si ama l’uomo: l’uomo, il quale è sacramento di Dio a noi. Senza il fratello Dio non arriva a me, normalmente. Ma chi mi toglie la libertà di amare l’uomo? Nessuno. Senonché tale libertà importa anche l’esser libero dall’uomo: servirlo sì, asservirglisi no. Solo Dio è necessario.
Il santo moderno spesso non è legato più al convento: non si chiude, ma esce, circola per il mondo, ha contatto con gli uomini. Pure, se li ama in Dio, se in tutto fa la volontà di Dio, se l’amore purifica d’attimo in attimo la sua anima, egli si verginizza.
La consacrazione, per il laico coniugato, è altra. È legato a Dio: è strumento di Dio; vive Dio. E religiosamente è vincolato da un legame che sostituisce ed eguaglia la clausura: e cioè l’amore. Per esso è, anche in tram, in officina, al caffè, agganciato a Dio: per l’amore, è sempre nell’orbita del sacro.