Igino nel 1920 si sposa con Mya Salvati, donna intelligente e piena di talenti artistici, e la loro famiglia si arricchisce di quattro figli: Mario, Sergio, Brando e Bonizza. Tutti insieme fanno la “Giordania”, come scherzosamente Igino ama definire la sua vivace famiglia. Insieme vivono gli anni convulsi, e a volte difficili, del Ventesimo secolo. La famiglia cresce, forte e rigogliosa, anche se ogni tanto è afflitta da problemi di salute. Igino presenta spesso il riacutizzarsi delle sue ferite di guerra, anche la salute di Mya nel corso degli anni viene sempre più frequentemente messa alla prova. In più, ci voleva proprio poco, all’epoca, per rimanere costernati dalle circostanze storiche: la morte dei parenti in guerra, la perdita di opportunità politiche ed economiche per via della fedeltà alla coscienza religiosa, una famiglia nelle intemperie di movimenti storici grandi e drammatici. La serenità di Mya spesso è messa a dura prova, e Igino instancabilmente è vicino a lei e, insieme, traghettano la famiglia verso la piena maturazione.
«Quando la famiglia è contemplata con gli occhi della fede, il suo mistero appare congiunto con tutto il mistero della creazione, dove Dio è Padre e gli uomini sono suoi figli. Per designare questo, che è il rapporto più grande, non si è trovato un’immagine più precisa e pura che quella di famiglia»[1].
L’idea che Igino ha della famiglia è una fra le più sublimi che siano mai state elaborate. Per lui, la famiglia è una società sacra, la fonte di trasmissione del divino nel convivere umano.
1. I. Giordani, Famiglia comunità d’amore, Città Nuova, Roma, 2001, p. 12.