Un cenacolo tra cielo e terra
Chi l’avrebbe mai detto che un articolo sulla rivista Città Nuova avrebbe potuto suscitare quel che è accaduto a Monza, città lombarda? Di questi tempi, dove i lettori sono pochi e gli articoli giornalistici spesso incidono poco sulla vita sociale, il tutto ha dello straordinario ! Ma cominciamo dall’inizio. Un po’ di tempo fa, su Città Nuova apparve un articolo che Igino Giordani scrisse nel 1954, nel quale egli con la Sapienza che lo contraddistingueva suggellava: «Questa è la legge, questa la giustizia: trattare il fratello come sé». A soffermarsi su quelle parole fu Antonella Crippa, un avvocato monzese. Facciamoci raccontare da lei come nacque il Cenacolo monzese ispirato dalle parole di Giordani.
Cominciamo col chiederti il perché di questo nome Cenacolo per la vostra iniziativa…
Il Cenacolo è un embrione di esperienza di dialogo. E il nome rievoca un vissuto denso di significato, una luce, la sapienza che può penetrare la realtà e illuminare le varie discipline umane.
Non molto tempo fa mi sono trovata a leggere un articolo in cui l’autore presentava giustizia e amore come contrastanti, affermando che anche Nietzsche sosteneva questa dicotomia, l’impossibilità di una conciliazione. Sono rimasta colpita dal concetto negativo di giustizia che affiorava da tutto l’articolo e che non condividevo: ho pensato con dolore a tutti i giovani che l’avrebbero letto e si sarebbero formati ad un concetto di giustizia come disvalore. Da qui il desiderio di approfondire, di confrontarsi per diffondere un altro concetto di giustizia, il suo dover essere.
Ed è stato qui che ti sei imbattuta nell’articolo di Giordani…
Sì, quasi per caso nel riordinare mi sono trovata davanti un articolo pubblicato su Città Nuova, edizione di Dicembre. Eravamo sotto Natale e si intitolava “Un re in una stalla”. Apparentemente niente a che vedere con il tema che stavo approfondendo, ma è stato il sotto titolo che mi ha attirato ed era la risposta all’interrogativo in cui mi dibattevo: “Questa la legge, questa la giustizia: trattare il fratello come sé”. Ecco la risposta che cercavo: Giordani diceva lì che la vera giustizia è fare all’altro ciò che vorresti fosse fatto a te. Ho scorto in questo un’armonia tra giustizia e amore che faceva crollare la dicotomia tra i due concetti e mi è sembrato di capire che da questa armonia può nascere un ordinamento giuridico nuovo.
E tornando al Cenacolo?
Il Cenacolo è nato appunto come possibilità di incontro, di confronto su etica, giustizia, economia, da esigenze forti rispetto a questi temi. Forse non troveremo risposte, sicuramente il Dialogo, inteso come esperienza di ascolto profondo e rispetto, nel panorama socio-politico attuale è già un buon punto di partenza e in questo Giordani ci insegna. Ecco, abbiamo bisogno di persone così, di avere davanti dei modelli forti e radicali. Il Cenacolo è fatto di momenti di incontro che nascono dalla rete quotidiana di rapporti personali, condotti per quanto invece riguarda la mia esperienza dall’ Eterno Padre che tutto muove. Siamo un piccolo gruppo, 5 o 6 persone (avvocati, giuristi, un piccolo imprenditore, un’insegnante da poco anche una filosofa), a cui, a secondo delle esigenze e delle circostanze, si uniscono altre persone, come noi alla ricerca della Verità Incarnata. Anche persone che non fanno riferimento a un credo religioso.
E nel weekend di “Foco” il 25/26 ottobre scorso cosa è successo?
Abbiamo proposto ad amici e a chiunque fosse interessato, un week-end su Giordani. Hanno partecipato oltre una ventina di persone, tra cui due giovani giornalisti. L’attualità del suo pensiero e della sua figura ci interpella oggi fortemente. Così il sabato abbiamo proposto la sua biografia (Igino Giordani. Storia di un uomo che divenne Foco, di Tommaso Sorgi) presentato dal prof. Alberto Lo Presti, direttore del Centro Igino Giordani, e la domenica abbiamo invece parlato dell’articolo 11 della costituzione, con il prof. Davide Caocci, docente di relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano, già giudice alla Corte di giustizia europea, dandoci questo titolo: “Quattro chiacchiere sui conflitti internazionali”. Quest’ultimo tema nato da una telefonata con l’amico Caocci dopo il mio ritorno da un’ esperienza con famiglie profughe siriane in Libano in cui dolorosamente condividevo lo sguardo sul panorama internazionale e sulle scelte di politica internazionale italiana degli ultimi decenni. Dalla tavola rotonda domenicale, fatta di spunti di riflessione interessantissimi è nata l’idea di utilizzare come strumenti di conoscenza due documenti della Chiesa: la Lumen Fidei di papa Francesco e la Caritas in Veritate di Benedetto XVI; idea che ha trovato l’adesione anche fra i partecipanti che non si riconoscono in alcun credo religioso. Vorremmo infatti approfondire cos’è la pace in rapporto alla giustizia e alla carità e sentiamo che questi documenti possono ‘formarci’ umanamente, indipendentemente dal fatto di essere o no cattolici. Vorremmo acquisire degli strumenti di conoscenza per affrontare l’attualità ed avere uno sguardo sapiente sulle cose, partendo dal basso, dall’ascolto, dalla reciprocità: atteggiamenti di cui Giordani ci è d’esempio e che possiamo avere come Faro, riferimento nel suo agire.
Ed ora come pensate di proseguire?
Quello che più mi affascina è lasciarsi guidare da Dio senza strutturare troppi programmi, siamo un’esperienza in divenire. L’abbiamo sperimentato anche con le persone che quasi per caso si sono liberamente avvicinate ed ora vogliono proseguire con noi. Un punto fermo per me è l’attualità di Giordani, uomo di spessore umano e culturalmente eclettico. Sento fortemente il rapporto con lui e con Chiara Lubich: un rapporto vivo oggi in un’avventura che continua tra cielo e terra. Sono loro che continuano a sostenerci e guidarci.