Stelle sulle stalle
Gesù nacque in una stalla, per dimostrarci che può nascere anche nel cuore nostro, che è un locale talora non meno sordido. E quando nasce nel cuore nostro, come sulla grotta, si levano a cantare gli angeli, splende nella notte la luna, e piove in terra la pace.
Nacque con Lui la libertà. Ché per Lui noi ridivenimmo figli di Dio; e i figli di Dio sono tale stirpe, tale potenza, tale nobilità che non possono essere ridotti servi dei figli dell’uomo, se non lo vogliono. Non possono perdere la pace, se non lo vogliono: tutto dipende dalla loro buona volontà. E la loro volontà è buona se coincide con la volontà di Dio: se diviene la volontà di Dio; sì che agisca in terra la stessa armonia che in cielo, e si faccia tra Creatore e creature, Trinità e società, un’unica convivenza. Poiché la volontà di Dio è volontà di Padre, esige che noi viviamo da fratelli, quali siamo.
Quindi in una convivenza simile, non si capisce che un uomo – a mò di Maria – resti senza un alloggio, quando fuori fa freddo. Non si concepisce che un fratello soffra la fame, quando nel caravanserraglio gli altri banchettano.
Gesù sarebbe venuto invano, o, in altri termini, noi lo tradiremmo come Giuda, e la società nostra resterebbe in peccato mortale, da deicida, se, contro la volontà del Padre, tollerasse, senza reagire, la condizione di gente che abita in grotte, che mena figli in stalle, e li vede disfare nella tubercolosi, per la miseria, il freddo, la disoccupazione, là dove, con una più equa ripartizione dei beni, il cui vero unico padrone è Dio, potrebbe attenuare il danno e la nequizia…
Questa la legge: questa la giustizia: trattare il fratello come sé. Qui giustizia e carità son tutt’uno. Per questo è nato Cristo. E così in certo modo, il Verbo – la Ragione – s’incarna fra noi, oggi, e può trasformare una stalla in un vestibolo di Paradiso.
I. Giordani, Le Feste, 1954, pp. 40-42