Ritrovare il sentimento di fraternità profonda

Igino Giordani e la settimana per l’unità dei cristiani

In questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani proponiamo l’ecumenismo di Igino Giordani letto dal suo più grande studioso Tommaso Sorgi (Il percorso ecumenico di Igino Giordani, pubblicato sulla rivista Nuova Umanità n.199). Viene in evidenza come Giordani, da molti considerato un pioniere dell’ecumenismo, si è contraddistinto per la tendenza a capire di più il cristianesimo e a cercare un dialogo.
(Per chi lo desidera il testo è disponibile al Centro Igino Giordani)

Nella vita di Giordani troviamo un avvenimento che ci stimola ad una particolare riflessione: il primo a scrivere la sua biografia nel 1985 non è stato un cattolico, ma un pastore battista, lo scozzese Edwin Robertson.1
Non possiamo limitarci a dire che è “ironia della storia”; pensando che è il Signore Dio che conduce la storia, dovremmo dare un senso a tale avvenimento, e potrebbe essere questo: che il nostro Giordani tale atto di amicizia se lo è meritato, davanti al Cielo e davanti alla storia umana.

(…) Giordani presiedette un convegno di ecumenisti nell’autunno 1967 presso la sede del Movimento a Rocca di Papa. Vi partecipava l’archimandrita mons. Eleuterio Fortino, che nella scuola di ecumenismo organizzata dal Centro Uno a Castelgandolfo nel gennaio 2004 ha dato questa testimonianza: «Giordani in quel convegno era riuscito per la sua serenità interiore a placare i toni accesi del dibattito; ed aveva chiarito gli aspetti teologici e pastorali del decreto del Vaticano II Unitatis redintegratio (1964), facendo cadere le ultime resistenze degli oppositori italiani alla preghiera in comune fra tutti i cristiani nella Settimana per l’unità delle Chiese».2

Per parte sua Giordani seguiva già dal 1940 questa Settimana, che ad essere precisi è un Ottavario: dal 18 al 25 gennaio. Ce lo spiega lui stesso in uno scritto di quell’anno, precisando il senso delle due date: festa della cattedra di S. Pietro a Roma, la prima, conversione di san Paolo, la seconda.

“Scoppiata quest’altra guerra – che fra nazioni cristiane, è necessariamente guerra intestina e spinge a tutta la loro potenza efferata le
dottrine d’antagonismo e di differenziazione tra gruppi, caste e popoli – c’era da temere che la coscienza dell’unità in Cristo si frantumasse sino a non ritrovarsi più. E invece, per un istinto luminoso di resistenza, essa s’è fatta più acuta, intanto che è divenuta più dolorosa. E non c’è come il dolore che, demolendo le soprastrutture dell’orgoglio, faccia ritrovare i fratelli.
Questa ripresa della coscienza unitaria – della nostra fraternità per l’origine e il fine, per la caduta e il riscatto – ha anche un’espressione commovente, tra le nazioni mobilitate o già belligeranti, nella celebrazione dell’Ottava per l’unità della Chiesa. (…) iniziata con una messa del Pontefice della pace, Pio XII, la mattina del 18 gennaio (festa della cattedra di S. Pietro a Roma) si è conclusa oggi (conversione di S.Paolo) con una partecipazione vasta e varia di popolo cristiano. (…)

“La pratica dell’Ottava per l’unità, poiché aduna milioni di cattolici e di acattolici ai piedi dell’unico Padre per fargli un’unica, corale, domanda, che ridiventino, tutti, uno è già essa stessa un inizio dell’unità, oltre che un avvio nella direzione giusta.(…).
“Durante i preparativi di questa Ottava s’è sparsa la notizia, al principio assai imprecisa, che in un monastero di monache trappiste presso Roma, si pregava con un’intensità particolare, per la cessazione delle divisioni tra cristiani, il cui aspetto – che è aspetto di Cristo sanguinante – non dovrebbe darci requie. Io venivo a sapere che, in quella Trappa, un’umile monaca s’era offerta vittima per l’unità della Chiesa e che la sua immolazione aveva colpito profondamente una comunità di fratelli separati in Inghilterra.
La notizia, pur così vaga, allargava immensamente – agli occhi miei almeno – l’orizzonte del movimento unitario e apriva prospettive nuove, in cui, come lembo d’azzurro tra fenditure di tempesta, si mostrava il volto del cielo sopra l’umanità rissosa. Metteva, insomma, nella sua vera luce l’Ottava e i suoi fini. (…) Ora queste monache probabilmente non sapevano nulla di tutti quei dibattiti e commissioni e comitati: e in ogni caso – per quanto grandi fossero le benemerenze di quei convegni internazionali – esse non ritenevano che fosse materia loro. Poste di fronte al problema della scissione, esse l’avevano contemplato con semplicità, al lume della Regola, che mai devìa: e cioè avevano visto che l’unità andava cercata dove sta: alla fonte, alla matrice: doveva in altri termini, chiedersi al Padre, nel quale – come con la parabola del Figliol prodigo ci è stato insegnato – e solo nel quale i fratelli si unificano. (…)
Ciò vuol dire che queste umili creature, che non incontreremo in nessun congresso, han visto subito il da farsi e han messo sulla strada diritta il movimento per l’unità. Qualcuno può essere tentato di domandarla a Hegel, a Loisy e magari a Marx; e nei giornali e nei convegni sono venuti fuori nomi di uomini, i quali non han dato e non possono dare che soluzioni mutile: necessariamente acattoliche (…). La cattolicità non è opera di uomini ma di Dio: non di studio, ma di grazia. (…) Accetta, Padre, queste offerte pure, anzitutto per la tua Chiesa, perché ti degni di purificarla, custodirla, e unificarla…”3

L’ecumenismo, impostato da Chiara come «ecumenismo della vita» e vissuto nel Movimento con sue proprie esperienze, maturato alla luce delle anime grandi di Giovanni XXIII e Paolo VI e dello spirito del Vaticano II, diventa l’impegno centrale di Giordani negli ultimi anni della sua vita. Si può dire che per lui ormai tutti i cristiani sono veramente fratelli ritrovati. Egli vive e diffonde il nuovo spirito ecumenico fatto essenzialmente di amore e teso alla comunione delle anime, nella certezza che «dall’unità dei cuori si svolge quella delle menti»4 .

È commovente pensare che l’ultimo articolo sull’ecumenismo lo ha scritto nel dicembre 1979, due settimane prima dell’esplosione del malanno al cervello, che quattro mesi dopo sanciva la sua partenza per il Cielo: Il viaggio verso l’unità. Anche qui coltiva tenacemente una visione profetica, in cui pone l’unità dei cristiani come base e lievito per «imprimere uno slancio all’ideale d’unità universale tra i popoli».5

1 (E.Robertson, Igino Giordani, Città Nuova, Roma 1985. Ed. inglese col titolo: The Fire of love. A life of Igino Giordani ‘Foco’, New City, London 1989.

2 E. Fortino, Igino Giordani e la preghiera per l’unità dei cristiani, in «Besa-Fede», Rivista greco-albanese, Roma, febbraio 2004, pp. 7-9.

3 I. Giordani, Questa ottava, Presentazione in: M. G. Dore, Suor Maria Gabriella (1914-1939), Morcelliana, Brescia 1940, pp. 9-25.

4 I. Giordani, Sette giorni per l’unità, «Città Nuova», 1978, n. 23, p.30

5 I. Giordani, Il viaggio verso l’unità, «Città Nuova», 1979, n. 23, p.27.

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Pubblicato il: 11/01/2014Categorie: Giordani scrittore

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